martedì 10 novembre 2009

Necessità e possibilità


Antonio Allegra 08 novembre alle ore 18.44
Ciao Stefano, scusa se ti mando questo messaggio un po' inusuale, ma volevo rivolgermi a te per chiarirmi un dubbio politico e filosofico. Ho letto il tuo lungo e chiaro saggio su Losurdo pubblicato sul suo blog. Mi rivolgo a te come - se non ho capito male - allievo di Losurdo e, in quanto tale, come esperto conoscitore di Hegel. Il mio problema con Hegel riguarda la categoria di necessità storica. A me sembra chiaro che con questa categoria e con la famosa formulazione sul reale e razionale, Hegel cercasse di legittimare filosoficamente la Rivoluzione francese e il nuovo ordine boghese da essa originato. Ma al di là di questo contesto, risulta estremamente difficile usare con disinvoltura l'espressione "necessità storica". L'accusa di provvidenzialismo è dietro l'angolo. Non credi che l'uso che se ne fa di questa categoria dipenda molto dalla giustificazione, più o meno ideologica, che si dà del presente e del passato? Sto leggendo il libro di Losurdo su Hegel e la libertà dei moderni, e il primo paragrafo del secondo capitolo non è riuscito a togliermi questi dubbi. In definitiva: chi può dire cosa è necessario storicamente e, quindi, razionale e, quindi, reale? Per intenderci. Era razionale/reale la rivoluzione russa e la configurazione politica che ne è nata? Dopo l'89, è il capitalismo più razionale del comunismo (per quanto il primo sia stato vincente sul piano produttivo e sul piano ideologico) ?
Ciao, grazie. Rispondi quando e se vuoi.

Stefano G. Azzarà 08 novembre alle ore 19.04
Il discorso sarebbe lungo e complicato. Come sai, Hegel dice anche che la nottola di Minerva spicca il suo volo sul far della sera, e cioè che il pensiero ricostruisce e comprende le cose quando queste sono già avvenute. E in questa ricostruzione, il pensiero cerca di cogliere i semi di una razionalità - e cioè di un senso più o meno compiuto - che serve sia a comprendere il passato, sia soprattutto a rendere possibile una trasformazione consapevole e organizzata della realtà per il futuro.
E' qui che va a mio avviso collocata la questione della "necessità storica". Necessità significa reinterpretare il passato e leggere il presente sulla base di un progetto razionale di trasformazione, e significa leggerlo in quel determinato modo al fine di legittimare tale progetto di trasformazione. Ma se per necessità si intende che c'è una legge immanente nella storia che ne predetermina il senso, questo è sbagliato oggi come era sbagliato ieri. Immanenti alla storia ci sono solo delle possibilità reali. Sono reali, cioè ci sono realmente e possono innescare sviluppi storici; ma sono possibilità che vanno appunto messe in moto.
Ecco che oggi nessuno parlerebbe più in quel senso e da molto tempo nell'ambito del materialismo storico la categoria di necessità è stata sostituita da quella di "campo di possibilità", di "campo di contraddizioni dialettiche", ecc. ecc.
Ma in quegli anni e in quel contesto storico (analfabetismo di massa, priorità dei bisogni primari...), e per lungo tempo fin dopo la seconda guerra mondiale, il marxismo è stato anche e soprattutto un mito di mobilitazione e cioè ha inevitabilmente assunto una forma religiosa. E la necessità storica dava la fiducia e la motivazione necessaria per prendere le mazzàte dalla celere e per alzarsi alle 5 del mattino per affiggere i manifesti.
Ma, ripeto, il discorso sarebbe lungo e complicato.

Antonio Allegra 08 novembre alle ore 19.22
Grazie. Un po' pensavo fosse così e che "campo di possibilità" fosse più appropriato, seppur problematico. C'è un passo in cui Losurodo pone la differenza tra "mussen" e "sollen". Hegel dice che il razionale "muss geschehen" e non "soll". "ancora una volta il mutamento è il risultato non in primo luogo di un postulato morale, ma di una dialettica e necessità oggettiva, sia pure ovviamente favorita e accelerata dalla presa di coscienza dell'uomo". Se devo dire la mia sul cambiamento, devo dire che in primo luogo dipende dalla mia volontà di volerlo (è l'unica cosa su cui posso essere certo). Ma se poi la mia azione politica sia "oggettivamente" rivoluzionaria, al di là dei proclami, questo diventa estremamente problematico. Così come sarebbe problematico dire che l'azione di altri compagni che a mio avviso sbagliano è "oggettivamente" controrivoluzionaria.